Silvio jr. Suppa, Autore a Auto&Design https://autodesignmagazine.com/author/silviosuppa/ Auto & Design Magazine Fri, 18 Apr 2025 14:28:19 +0000 it-IT hourly 1 DESIGN TALK, IL FUTURO FRA TECNOLOGIA E EMOZIONE https://autodesignmagazine.com/2025/04/design-talk-il-futuro-fra-tecnologia-e-emozione/ Fri, 18 Apr 2025 14:22:01 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=69744 Durante la cerimonia d’assegnazione dei premi Car Design, Auto&Design ha allestito a Milano un incontro sul tema “Emotional connections - Il design emotivo”. Come nelle scorse edizioni, la discussione si è animata all’interno del prestigioso ADI Design Museum, accanto agli oggetti vincitori del Compasso d’Oro nel tempo, con il coinvolgimento di attori e [...]

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Durante la cerimonia d’assegnazione dei premi Car Design, Auto&Design ha allestito a Milano un incontro sul tema “Emotional connections – Il design emotivo”. Come nelle scorse edizioni, la discussione si è animata all’interno del prestigioso ADI Design Museum, accanto agli oggetti vincitori del Compasso d’Oro nel tempo, con il coinvolgimento di attori e attrici appartenenti ad ambiti molteplici, non solo legati alla mobilità. Partecipavano infatti: Domitilla Dardi, storica del design; Joaquin Garcia, a capo dello stile di Italdesign; Eugenio Lolli, presidente e amministratore delegato di Alcantara; Andrea Rosati, alla guida del design strategico di Lotus.

A strutturare il tema, un’interessante dicotomia dei nostri tempi: per un verso le vetture si fanno sempre più tecnologiche (a partire da assistenti virtuali e ausili alla guida), per l’altro cresce la cura dei progettisti verso esperienze umane a bordo. In che modo interagiscono tali sfere diverse e complementari?

Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025

Lolli, alla guida di un’azienda raffinatissima e partner dell’evento, inizia illustrando con un video i processi che avvicinano il materiale alla sensibilità di chi elabora o fruisce il risultato finale, ovvero attraverso una flessibilità in grado di appagare molteplici identità personali o di marca. Approccio perfetto affinché Dardi rimarchi l’importanza di «creare connessioni guardando ai campi limitrofi», per esempio formulando il discorso sull’automobile a partire dall’interno e dal “domestico”. Non mancano gli esempi storici in tale direzione, fra cui la celeberrima Kar-A-Sutra di Mario Bellini (1972), anticipatrice delle monovolume giocata sull’idea che il corpo potesse assumere nell’abitacolo diverse posizioni. Anche la nozione di «buon senso» – riportata ancora da Dardi con riferimento alle invenzioni di due donne, a fine Ottocento: l’impianto di riscaldamento dell’abitacolo da parte di Margaret Wilcox e del tergicristallo di Mary Anderson – esemplifica una modalità non scontata del rapporto uomo-macchina.

Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025

Su questo punto s’innesta il punto di vista di Garcia, concorde sulla ragionevolezza concreta poiché «l’importante non è il prodotto, ma ciò che la gente fa con esso», dunque bisogna «esplorare fino in fondo il comportamento degli utenti» e renderlo centrale. Più avanti il concetto riemergerà fra le sue parole in una chiave assai interessante, secondo cui «la razionalità rappresenta essa stessa un’emozione» e il rapporto con le persone si crea pure «nel possedere un oggetto per lungo tempo, affezionandosi», dunque rispettando un criterio apparentemente “freddo” di sostenibilità e durata. Prima, però, spetta a Rosati suggerire un’ulteriore riflessione: se qualcuno (soprattutto i più giovani) si allontana dal legame emotivo con l’automobile, l’interesse si può ricostruire raccontando le storie dietro una creazione in metallo, con speciale riguardo per valori partecipativi quali collaborazione e coraggio.

Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025

Sempre moderato da Silvia Baruffaldi, direttrice di Auto&Design, il dibattito si snoda poi intorno alla «centrale dimensione del sentirsi al sicuro, in senso fisico e non solo» (Dardi), all’auto «estensione della casa» (Lolli), al proponimento che i designer diventino «meno egoriferiti, riducendo la spettacolarità delle plance per concedere ai passeggeri di concentrarsi sull’esterno» (Garcia), all’impiego di soluzioni avanzate ma votate all’umano, come «sedili con imbottiture ad aria capaci di vibrare gentilmente per inviare segnalazioni relative alla guida grazie a un tessuto con camere d’aria integrate, che dunque impiega l’aria come materiale. Siamo infatti partiti dal concetto di auto da indossare, il nostro co-fondatore Colin Chapman diceva che una Lotus si indossa come un guanto» (Rosati).

Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025

Un caleidoscopio di spunti quantomai variegato e certamente foriero di futuri sviluppi, che si conclude con un promettente intervento di Dardi: «Ormai si procede verso il “technocraft”, termine capace di fondere modernità assoluta e artigianato». Quindi «i materiali sintetici perderanno l’aura negativa associata al “finto”, generando, anziché un effetto imitativo, una sorta di “super-natura”». Presto si capirà quanto una simile tendenza possa dispiegarsi sull’automobile e sull’interesse personale che suscita.

Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025
Design Talk Car Design Award 2025

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FERRARI COLLECTIBLES, L’ARTE DELLA MECCANICA https://autodesignmagazine.com/2025/04/ferrari-collectibles-larte-della-meccanica/ Fri, 18 Apr 2025 10:53:05 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=69719 Cosa accade quando alcune componenti di eccellenza ingegneristica si separano dal contesto originale per divenire esse stesse autonomi capolavori? Si scopre grazie a un’inedita iniziativa di Maranello, che reinterpreta in opere da collezione molteplici elementi tecnici essenziali (freni, scarichi o perfino interi propulsori) avulsi dalla prestazionale collocazione d’origine e fatti assurgere a singole [...]

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Cosa accade quando alcune componenti di eccellenza ingegneristica si separano dal contesto originale per divenire esse stesse autonomi capolavori? Si scopre grazie a un’inedita iniziativa di Maranello, che reinterpreta in opere da collezione molteplici elementi tecnici essenziali (freni, scarichi o perfino interi propulsori) avulsi dalla prestazionale collocazione d’origine e fatti assurgere a singole rappresentazioni estetiche. From speed to beauty, dalla bellezza alla velocità, recita la descrizione dell’iniziativa.

«Mi piace molto questo taglio» spiega Flavio Manzoni, direttore del design Ferrari. «Illustra bene il processo secondo cui concepiamo le nostre auto, partendo da necessità legate alle corse che poi, inevitabilmente, generano estetica. Come se la bellezza risultasse necessaria, ovvero diretta conseguenza delle esigenze aerodinamiche e funzionali: nulla, per noi, è slegato dalla razionalità del risultato. Si tratta di un concetto a cui tengo molto».  Forte di una formazione da architetto, Manzoni si inoltra poi nell’illustrare il rapporto fra i piccoli oggetti quotidiani e l’enorme immaginario dell’automobile, confermando intrinsecamente che le componenti meccaniche possano diventare degne d’esposizione.

Bisogna però trattarle come proposte creative: «Ognuna ha richiesto un’elaborazione specifica, anche semplicemente per immaginare un supporto fisico, visto che si tratta di parti sempre diverse e normalmente montate sulle auto. Per esempio, abbiamo fortemente desiderato l’introduzione di elementi trasparenti proprio per mettere in risalto il metallo». Qualcuno dei presenti, allora, nota come sorprenda la gradevolezza statica di elementi sempre immaginati ruotare a regimi elevatissimi, dunque qui totalmente decontestualizzati con successo. Forse proprio in tale singolare capacità di trasformazione, non scevra di una sorta di peculiarissima tensione al riciclo migliorativo, si cela la vera potente alchimia di questa collezione.

Di seguito l’elenco dei “collectibles”:
Motore di F1 tipo 048B, V10 3 litri aspirato da 790 CV a 16.300 giri/min, ha visto Ferrari a conquistare il suo nono campionato mondiale Costruttori nel 1999;
– Motore V12 di 6,3 litri montato sulla LaFerrari (2013), uno dei propulsori più importanti nei 78 anni di storia dell’azienda perché potenziato dal sistema HY-KERS. Questo pezzo unico, in particolare, proviene da un prototipo realizzato durante il processo di sviluppo della vettura;
– Albero a camme di una Ferrari F2003-GA, monoposto di Formula 1 che ha nel suo palmarès sette vittorie e due titoli mondiali con Michael Schumacher;
– Scarico del V8 da 2,4 litri aspirato della Ferrari F60, utilizzato nel campionato mondiale di Formula 1 del 2009 da Kimi Räikkönen;
– Albero motore della Ferrari F10, l’auto con la quale Fernando Alonso vinse al debutto in gara con la scuderia nel campionato mondiale di F1 del 2010;
– Un disco freno in fibra di carbonio di una Ferrari SF71H, guidata da Sebastian Vettel e Kimi Räikkönen nella stagione 2018;
– Una biella e un pistone della Ferrari F150° Italia del 2011 guidata da Fernando Alonso;
– Un pistone della Ferrari F2002, monoposto guidata con grande successo da Michael Schumacher e Rubens Barrichello.

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RENAULT SI RACCONTA ALLA MILANO DESIGN WEEK https://autodesignmagazine.com/2025/04/renault-si-racconta-alla-milano-design-week/ Wed, 09 Apr 2025 12:50:50 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=69518 Dialoghi fra creativi, conferenze, un libro: Renault approccia la Milano Design Week strutturando una sorta di simposio intorno alla cultura dell’oggetto-automobile. Dal percorso progettuale legato alle ultime novità, al rapporto fra passato e presente, fino a un dibattito sul volume “R4. Da Billancourt a Via Caetani” che indaga le vicende della storica vettura [...]

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Dialoghi fra creativi, conferenze, un libro: Renault approccia la Milano Design Week strutturando una sorta di simposio intorno alla cultura dell’oggetto-automobile. Dal percorso progettuale legato alle ultime novità, al rapporto fra passato e presente, fino a un dibattito sul volume “R4. Da Billancourt a Via Caetani” che indaga le vicende della storica vettura giungendo al sequestro Moro. In tre incontri, fra il 7 e il 12 aprile, si delinea un’offerta di spunti più articolata e complessa rispetto a un singolo, classico evento. Ad animare le riflessioni, tre figure di spicco della progettualità della Losanga – Laurens Van den Acker (a capo dello stile del gruppo), Gilles Vidal (che dirige il design della marca Renault) e Sandeep Bhambra (responsabile delle concept car) – cui si aggiunge l’intrigante apporto di uno dei designer francesi più conosciuti al mondo, Ora Ïto.

Quest’ultimo esordisce: «Mi piace moltissimo vivere Milano in questi giorni, vengo appositamente da venticinque anni e questa volta per un’occasione proprio speciale». Davanti a lui si mostra la R17 di cui ha disegnato il restomod, ispirandosi a due esemplari forniti dalla collezione ufficiale Renault The Originals: «Uno blu, uno marrone. Ho ripreso il secondo colore perché desideravo un effetto quasi “di produzione”. Trattandosi di un esemplare unico, non puntavo sull’esasperazione cromatica, come avrei potuto se fossero state previste più unità in diverse tinte. In ogni caso, personalmente detesto le auto opache e ho voluto da subito una finitura brillante». «Anche io sono felicissimo di essere qui, mi ricorda i tempi in cui ho cominciato a lavorare nel design dell’automobile in Italia, a Torino», aggiunge Van den Acker. «Poter celebrare la nostra ricerca di stile in questo contesto, rappresentandola anche attraverso l’ultima R4, è motivo di enorme soddisfazione».

Poco dopo Vidal sottolinea, fra l’altro, quanto le generose possibilità di personalizzazione della nuova nata corrispondano alla varietà di proposte che il design dei prodotti d’uso regala a ogni individuo: emerge così un elemento “umano” di varietà, accanto all’autenticità “tecnica” di una piccola crossover che punta su contenuti funzionali insiti nella propria natura. Nel suo intervento, infine, Bhambra racconta di retrofuturismo, collaborazioni con universi lontani dall’automobile e confini che i prototipi possono aggirare.

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FIAT GRANDE PANDA, FUNZIONALITÀ FUNKY https://autodesignmagazine.com/2025/03/fiat-grande-panda-funzionalita-funky/ Tue, 04 Mar 2025 09:00:13 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=68924 Nella sede del Centro Stile Stellantis di via Plava, a Torino, si avverte subito il clima delle occasioni quasi irripetibili. All’ingresso attende, come appena partorita dall’estro di Giugiaro, una Panda rossa del 1980, la consistenza della cui eredità diventerà ben presto manifesta. L’atmosfera è frizzante, entusiasta: una miscela di freschezza e impegno istituzionale [...]

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Nella sede del Centro Stile Stellantis di via Plava, a Torino, si avverte subito il clima delle occasioni quasi irripetibili. All’ingresso attende, come appena partorita dall’estro di Giugiaro, una Panda rossa del 1980, la consistenza della cui eredità diventerà ben presto manifesta. L’atmosfera è frizzante, entusiasta: una miscela di freschezza e impegno istituzionale che pare aver segnato pure lo studio formale.

Fiat Grande Panda

La prima Panda come riferimento
«Fin dall’inizio abbiamo eletto l’originale a riferimento, riconsiderandola prima di ogni decisione, in un rimando molto serrato», chiarisce subito François Leboine, capo del design Fiat e Abarth. «Del resto, non si tratta di una scelta di stile. La prima Panda costruì un rapporto d’uso autentico con le persone, quindi oggi resta una guida in tal senso, ben oltre la forma». All’investimento concettuale si intrecciano rinnovate esigenze industriali che, all’avvio della ricerca quattro anni fa, spingono verso «l’imperativo di creare un modello molto più internazionale».

Fiat Grande Panda

Linee giocate su praticità e vivacità
«Robustezza e semplicità si sono dimostrate canoni essenziali, riletti naturalmente in una chiave attuale e molto italiana, che qui paragoniamo a una ricetta ben eseguita», scherza Leboine. I gruppi ottici anteriori, capaci di «recuperare il tema quadrato degli Anni 80 evolvendolo in pixel» al contempo digitali e rétro, rappresentano proprio un esempio di tale “sapore”. L’intera economia delle linee gioca però sul duplice piano di praticità e vivacità, accendendosi di dettagli fra cui «le barrette del logo Fiat di un tempo o lo stemma cangiante sulla porta posteriore che sfrutta un effetto ottico».

Fiat Grande Panda

Grande qualità di esecuzione
Fino a un elemento veramente in grado di esaltare il progettista: «Sull’elettrica il marchio frontale non si limita a richiamare l’asimmetria grafica di quaranta-cinque anni fa, bensì sottolinea la sede del cavo di ricarica retrattile, nostra unicità sul mercato». Come ignorare, inoltre, le lettere impresse sulle fiancate? «Ispirate al nome sul portellone di alcune versioni 4×4, frutto di diverse discussioni con dirigenti e ingegneri», testimoniano una certa dose di coraggio “pop” e grande qualità di esecuzione dei lamierati, da cui peraltro discendono i tratti generali assai netti e precisi.

Fiat Grande Panda

Eredità dell’abitacolo rimodulata
Riguardo l’abitacolo «Avevamo pensato di citare da vicino l’impostazione del 1980, ma si rischiava un risultato “freddo”, autoreferenziale e poco legato al presente. L’eredità è stata dunque rimodulata attraverso le nozioni di «essenzialità, ricerca e connubio forma-funzione», concentrate in un pannello che insieme omaggia lo storico “blocco comandi” sospeso e ricalca il tracciato sul tetto del Lingotto.

Fiat Grande Panda

Materiali e colori giocano un ruolo fondamentale
Conservando sedili dalla versatilità tradizionale per ragioni di piattaforma, «si è puntato ad arricchire l’ambiente con materiali e colori, che immediatamente hanno assunto un ruolo fondamentale». Anzitutto, il vano di fronte al passeggero si rivela disponibile con un inedito rivestimento (grazie a cui viene ridenominato Bambox). «Impiegare il bambù è una novità assoluta e un’enorme sfida», argomenta Vincenzo Vullo, responsabile del color&trim per il marchio Fiat. Ancora Longo: «Si era partiti da uno spunto spiritoso, il cibo del Panda, e abbiamo ottenuto uno dei componenti più caratterizzanti della vettura». «In aggiunta, le sette tinte esterne celebrano i territori della Penisola», conclude François Leboine osservando un esemplare in Acqua Azure. E niente grigio, come vuole il brand Fiat: sulla Grande Panda la funzionalità si fa funky.

(Articolo completo su A&D n. 271)

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DS N°8, LA SERENITÀ DEL LUSSO https://autodesignmagazine.com/2025/03/ds-n8-la-serenita-del-lusso/ Tue, 04 Mar 2025 08:57:44 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=68845 Intorno alla N°8, ultima espressione di raffinatezza alla francese fiorisce una parola pressoché irreperibile nell’universo dell’automobile: serenità. Nozione inabituale, che Thierry Metroz, a capo del design di DS, illustra come «fondamentale per “l’arte di viaggiare”, la missione che le nostre vetture si propongono. Per certi versi consiste nel comfort e nella sicurezza di [...]

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Intorno alla N°8, ultima espressione di raffinatezza alla francese fiorisce una parola pressoché irreperibile nell’universo dell’automobile: serenità. Nozione inabituale, che Thierry Metroz, a capo del design di DS, illustra come «fondamentale per “l’arte di viaggiare”, la missione che le nostre vetture si propongono. Per certi versi consiste nel comfort e nella sicurezza di marcia, ma chi disegna la interpreta visivamente: con forme molto pure, fluide, “regolate” e dunque gradevoli. Non si inseguono barocchismi né, soprattutto, aggressività gratuita. Un principio essenziale, almeno a partire dalla concept Aero Sport Lounge del 2020».

DS N°8

Sperimentazione prototipale
Si profila allora un’ulteriore peculiarità: «Lo sviluppo della N°8 è intersecato proprio dalla sperimentazione prototipale. Ha preso le mosse a fine 2019, mentre l’ASL fu svelata a marzo 2020. Accade di rado, dopo uno studio trascorrono mesi prima di occuparsi della grande serie». Tale coincidenza ha naturalmente informato le scelte finali, «a partire da luci diurne e calandra luminosa, come pure dall’importante cofano bicolore. Un’innovazione di cui siamo molto fieri».

DS N°8

Colorazione sostenibile
In luogo della verniciatura, infatti, ci si giova della tecnica Paintjet simile a un film d’inchiostro per eliminare gli interventi manuali, la polverizzazione del liquido colorante, l’energivora cottura in forno e la necessità di mascherature, generando con efficienza un unico pezzo in due tonalità. «E in futuro si potrà puntare su sfumature differenti dal nero, per ora preferito per evocare, fra l’altro, l’opulenza déco dei capolavori Bugatti, Delage, Delahaye o Voisin».

DS N°8

Fasi di progettaizone incalzanti
A sottendere il desiderio d’eccellenza provvede la piattaforma STLA Medium, comune alla recente Peugeot 3008, rispetto a cui «il padiglione risulta ribassato di ben 6 centimetri, il cofano di 5 e la plancia di altrettanti». Seguono diverse incalzanti fasi di progettazione: «Già nel 2019 la silhouette è stata applicata alla meccanica, per verificarne la fattibilità; l’anno successivo abbiamo condotto le maquette in clay alla luce del sole prima di presentarle a Carlos Tavares, mentre nascevano gli otto “puntini luminosi” nei fari anteriori».

DS N°8

L’anno essenziale
Il 2021 si rivela poi un momento essenziale: «È stato eseguito il primo clinic test, su una vettura pronta all’80%, con utenti francesi, italiani e tedeschi che nel 76% dei casi l’avrebbero preferita ad altre cinque rinomate concorrenti. Il miglior risultato nella storia DS». Naturale che l’anno successivo, dopo un ulteriore riscontro su un esemplare definitivo al 95%, si sia “congelato” lo stile e approntata l’attrezzatura per la costruzione. Nel 2023 le unità preserie hanno accumulato chilometri di test, fino alla presentazione a fine 2024 e alla vendita all’inizio della prossima estate.

DS N°8

Plancia monolitica
Se durante la lavorazione dell’esterno è emersa una progressiva spinta all’equilibrio fra superfici sensuali (per le fiancate) e tese (muso e coda), l’abitacolo si è evoluto di pari passo. «Fin dal 2018 avevamo in mente il volante a quattro razze» in grado di attualizzare l’originalità minimalista del “monorazza” della primigenia DS (1955), rovesciandola in preziosismo. Allo stesso modo si manifestava una plancia idealmente monolitica, volta a comunicare qualità attraverso l’unitarietà o «assenza di giunzioni», imbastita intorno a una singola fascia in metallo con gli altoparlanti integrati in un ricamo d’alluminio.

(Articolo completo su A&D n. 271)

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MINI CABRIO, CLASSICAMENTE SCOPERTA https://autodesignmagazine.com/2025/03/mini-cabrio-classicamente-scoperta/ Mon, 03 Mar 2025 11:31:18 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=69031 Se la tre porte si attiene con diligenza al primigenio concetto di Alec Issigonis, a partire dalle forme raccolte e dall’assenza di accessi posteriori, il tetto in tela non allontana l’inglese più famosa dal solco della continuità. Regalandole, semmai, uno spirito un po’ più ludico. Altezza contenuta, lunghezza di stampo urbano (3,88 m) [...]

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Se la tre porte si attiene con diligenza al primigenio concetto di Alec Issigonis, a partire dalle forme raccolte e dall’assenza di accessi posteriori, il tetto in tela non allontana l’inglese più famosa dal solco della continuità. Regalandole, semmai, uno spirito un po’ più ludico. Altezza contenuta, lunghezza di stampo urbano (3,88 m) e finiture cruciali: i crismi della concezione formale restano invariati, al pari della scocca in parte ripresa dalla generazione precedente. Sulla ricetta s’intesta però il linguaggio Charismatic Simplicity, palese nel frontale rivisto (calandra ottagonale, inediti gruppi ottici, paraurti geometrico e pulito) e soprattutto nell’abitacolo, dominato dall’essenziale plancia con strumentazione circolare da 24 cm.

«Ispirandoci alla storia, abbiamo conferito a ogni nuovo modello un carattere forte attraverso stilemi semplici e minimali, intuitivamente centrati sugli elementi fondamentali del marchio» affermava nel 2023 Oliver Heilmer, capo del design. La Cabrio conferma oggi tale direzione, replicando peraltro tre dei quattro allestimenti della berlina, indipendenti dai propulsori. Al Classic si accostano il sofisticato Favoured, arricchito di dettagli nella sfumatura dorata Vibrant Silver e dell’interno in ecopelle beige o Nightshade blu, e il John Cooper Works con paraurti assai più aggressivi, minigonne, bande adesive sul cofano, cerchi dedicati, rivestimenti dalle cuciture rosse.

Per tutte, la medesima capote scura si adagia nel bagagliaio in 18 secondi sotto i 30 km/h, ma può farsi anche “tetto apribile” grazie allo scorrimento di 40 cm della sola porzione anteriore, purtroppo priva di un deflettore antivento. La tela non si rivela disponibile in tinte diverse dal nero, nonostante le dodici colorazioni esterne (tra cui il Copper Grey di lancio), tuttavia può recare sulla superficie una opzionale Union Jack in grigio chiaro. Il motivo ispirato alla bandiera britannica illumina pure i gruppi ottici posteriori, altrimenti identici nella foggia ai precedenti, disegnando una trama che simula il taglio pseudo-triangolare proposto sull’ultima edizione della sorella con il portellone.

«Siamo convinti che la riduzione consapevole a pochi, ma espressivi elementi consenta innovazioni impensabili» sosteneva Heilmer. Certo, specie in termini di freschezza e tecnologia. Però la Cabrio, che l’anno scorso ha compiuto due decenni e adesso viene nuovamente prodotta nello stabilimento di Oxford, rappresenta senza dubbio una moderna tradizione a cielo aperto.

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HYUNDAI INSTER, VERSATILITÀ ELETTRIZZANTE https://autodesignmagazine.com/2025/02/hyundai-inster-versatilita-elettrizzante/ Thu, 20 Feb 2025 17:36:48 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=68820 I grandi occhi a Led s’intercettano subito nel traffico. «Si tratta di un elemento di simpatia fortemente voluto», spiega Nicola Danza, direttore del design degli esterni per l’Europa. Se poi si osservano le altre linee, giovanili e votate all’originalità della Inster («Ogni vettura per noi è un progetto specifico»), il sorriso fiorisce spontaneo. [...]

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I grandi occhi a Led s’intercettano subito nel traffico. «Si tratta di un elemento di simpatia fortemente voluto», spiega Nicola Danza, direttore del design degli esterni per l’Europa. Se poi si osservano le altre linee, giovanili e votate all’originalità della Inster («Ogni vettura per noi è un progetto specifico»), il sorriso fiorisce spontaneo. Eppure, a dispetto delle apparenze, il segreto della più piccola coreana elettrica non va rintracciato nella vivacità furba e un po’ fumettistica. Quando si può accedere a un contatto diretto, come durante una prova nel dedalo iper-metropolitano di Milano, si viene colpiti all’apertura di una porta.

Posteriore, possibilmente. Perché il passo particolarmente generoso, 2,70 metri su 3,83 di lunghezza fuori tutto, si trasfigura in uno “spazio vuoto” davanti al divanetto che suggerisce immediatamente accoglienza. E insieme lancia la percezione verso un ambito più pratico: al centro del progetto trionfa la funzionalità.

I sedili di seconda fila, per esempio, scorrono di 16 cm con frazionamento 50:50 e prevedono pure lo schienale regolabile, magari per pisolini nel tragitto casa-scuola, mentre gli anteriori possono ribaltarsi a tavolino (a seconda dei livelli di allestimento). Non solo: per chi siede davanti debutta una curiosa seduta lato guida con portabicchieri incorporato, la cui imbottitura si allarga verso il passeggero in una sorta di “panchetta” che esalta il senso d’accoglienza. «Abbiamo enfatizzato il più possibile la disponibilità di centimetri in longitudinale a fronte di una larghezza contenuta, due aspetti legati al pianale derivato dalla più piccola Casper (non venduta in Europa, n.d.r.). Così l’auto diventa sensibilmente diversa».

Non a caso il test si fa anche occasione per presentare la variante Cross, attesa per aprile, con paraurti, minigonne e cerchi da 17” specifici, un vistoso portapacchi opzionale sul tetto e abitacolo dai rivestimenti e dettagli fluo dedicati. Intanto, sulla carrozzeria tradizionale in allestimento XClass si può ordinare senza sovrapprezzo, accanto all’’anodino interno scuro, l’eccentrico Newtro Beige-Khaki Brown munito di tessuto pied-de-poule e perfino plastiche giallo-brune. L’ideale per la vernice di lancio Buttercream Yellow. «Uno degli obiettivi della Inster resta distinguersi, promuovendo una visione coreana e anticonvenzionale dell’estetica», conclude Danza. Chi l’ha vista circolare confermerebbe.

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RENAULT 4 E-TECH ELECTRIC, VOLUME E VELLUTO https://autodesignmagazine.com/2025/01/renault-4-e-tech-electric-volume-e-velluto/ Tue, 07 Jan 2025 05:57:20 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=68209 Se la riuscita Renault 5 recupera appieno l’eredità di simpatia e carisma dell’omonima tre porte del 1972, il progetto teso alla rievocazione della sorella Renault 4 si muove sotto un segno più complesso. «Abbiamo puntato a invertire il posizionamento storico dei due modelli», spiega Paula Fabregat-Andreu, a capo del design delle vetture di [...]

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Se la riuscita Renault 5 recupera appieno l’eredità di simpatia e carisma dell’omonima tre porte del 1972, il progetto teso alla rievocazione della sorella Renault 4 si muove sotto un segno più complesso. «Abbiamo puntato a invertire il posizionamento storico dei due modelli», spiega Paula Fabregat-Andreu, a capo del design delle vetture di segmento B per la divisione Ampère dedicata ai veicoli elettrici: «La R4 diventa il più chic». L’altezza da terra e la cifra vagamente fuoristradistica che un tempo rappresentavano tratti “rustici”, dunque, permettono oggi di giocare sul piano dei piccoli crossover, «spesso considerati più sofisticati e desiderabili delle berline».

Renault 4 E-Tech Electric

Tinte tenui per gli esterni
Alla nozione di volume, tipica della vettura d’origine, si accosta pertanto un inedito carattere urbano e “vellutato”. A partire dai colori: «Sono state privilegiate le tinte polverose, come il verde Hauts-de-France di lancio, che omaggia il tenue azzurro Île-de-France del passato e insieme ripete il nome della regione in cui l’auto è prodotta adesso».
Il medesimo approccio contemporaneo si amplifica, naturalmente, nella rilettura degli aspetti formali più pregnanti, quali la calandra o le tre sottili nervature sulle portiere. I cerchi sempre da 18 pollici e la distanza da terra di 18 cm completano la consistenza visiva.

Renault 4 E-Tech Electric

La cura per l’inclinazione del portellone
Il processo di accrescimento del valore ha però incontrato un’importante criticità, paradossalmente centrata proprio su uno degli elementi più significativi della R4 d’altri tempi: lo specchio di coda. «Tanto le linee della R5 potevano direttamente replicarsi in un effetto accattivante, quanto qui abbiamo dovuto curare con grande attenzione l’inclinazione del portellone, che non per tutte le proposte forniva risultati convincenti. Si tratta di un aspetto su cui abbiamo molto lavorato», precisa Fabregat-Andreu, lasciando immaginare i rischi della rielaborazione di un prodotto dal sapore assai utilitario.

Renault 4 E-Tech Electric

Abitabilità posteriore eccellente
Peraltro, il passato viene riproposto con apprezzabile fedeltà nell’impostazione funzionale, perfino nell’altezza della soglia di carico (a soli 61 cm dal suolo). «Esternamente si viene attratti dall’estetica, a bordo si scopre una versatilità insospettata: l’architettura elettrica ha concesso un passo generoso e un’eccellente abitabilità per i posti posteriori, compaiono dettagli fra cui le tasche separate per contenere il cellulare, il bagagliaio da 420 litri offre ganci, elastici e un furbo doppiofondo a duplice accesso, il sedile anteriore destro si rivela ribaltabile a tavolino».

Renault 4 E-Tech Electric

Tonalità di colore sature per l’interno
La plancia, ripresa dalla R5, assume rispetto a tale ricerca di praticità un ruolo quasi ancillare, pur mostrandosi assolutamente moderna con gli schermi fino a 10,1 pollici. «Il tessuto di rivestimento resta comunque specifico: qui abbiamo impiegato tonalità più sature fin dalla versione base Evolution, proprio per contrasto alle vernici di carrozzeria sfumate, mentre sulla Techno si associano due gradazioni di jeans piuttosto intense e la top di gamma Iconic introduce l’ecopelle TEP, con applicazioni gialle ispirate ai cinturini degli orologi sportivi, per una questione di lavabilità».

Renault 4 E-Tech Electric

L’evoluzione tout-terrain
La sensazione di apertura trionfa anche sul prototipo Fl4wer Power esposto al Mondial di Parigi, inattesa variazione sul tema arricchita della selleria specifica e dell’assetto decisamente rialzato. «Prefigura un’evoluzione tout-terrain che costituisce solo la prima di molte sperimentazioni in vista. L’auto si presta e sapremo sorprendervi!» promette Paula Fabregat-Andreu. Intanto, la vettura di serie risulta ordinabile in 670 combinazioni di accessori e personalizzazioni: il volume non ha mai incontrato così lo stile.

(Articolo completo su A&D n. 270)

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ASTON MARTIN VANQUISH, UN “PAVONE” A DODICI CILINDRI https://autodesignmagazine.com/2024/11/aston-martin-vanquish-un-pavone-a-dodici-cilindri/ Tue, 19 Nov 2024 16:51:14 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=67828 Confrontandosi con uno stile orientato verso le prestazioni, spesso si incontrano riuscite manifestazioni di funzionalità, soprattutto per aerodinamica e raffreddamento, miscelate al puro piacere visivo. Quando la meccanica reclama tanto le proprie ragioni, raramente resta spazio per l’ironia. Di fronte alla più raffinata espressione della Aston Martin, però, cogliamo l’osservazione “confidenziale” di un [...]

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Confrontandosi con uno stile orientato verso le prestazioni, spesso si incontrano riuscite manifestazioni di funzionalità, soprattutto per aerodinamica e raffreddamento, miscelate al puro piacere visivo. Quando la meccanica reclama tanto le proprie ragioni, raramente resta spazio per l’ironia. Di fronte alla più raffinata espressione della Aston Martin, però, cogliamo l’osservazione “confidenziale” di un designer a un evento del marchio britannico: se la Vanquish fosse un animale, con quel posteriore sembrerebbe un pavone.

Altro che coda d’anitra. Il paragone spinge a sorridere, ma appare fondato anche osservando le altre sorelle presenti, due Vantage in arancio e verde assenzio e altrettante DBX 707. Tutte modellate intorno alla stessa curva subito sotto il lunotto. Sulla Vanquish, però, tale tratto assurge a elemento chiave. Si rivela sintesi fra l’ispirazione derivata dai prototipi di Le Mans anni Sessanta e la più avanzata profilatura deportante, in una straordinaria orchestrazione di spoiler, taglio tronco con scudo (“shield”) a contrasto, estrattore e scarichi. Osservando la vettura da dietro, l’emotività si avverte maggiore che dalla prospettiva frontale. E sette lamelle luminose (“light blades”) per lato completano l’effetto.

Naturalmente, l’approccio formale nobilita la vista anche da angolature diverse, a partire dalla distanza fra avantreno e montanti del parabrezza: una misura che costruisce proporzioni contemporanee e insieme ultra-classiche, con un muso disegnato per collocare il V12 quanto più indietro possibile. Inoltre, in coerenza con l’intenzione di Aston Martin di consolidare la propria posizione nell’ultra-lusso e grazie all’inedito linguaggio delle superfici, molti dettagli si fanno accuratamente sofisticati: dai gruppi ottici anteriori al padiglione in cristallo anti-UV, fino all’opulento set di valigie integrato dietro le spalle dei passeggeri.

Non mancano neppure le accortezze progettuali inattese, come il cofano motore alleggerito dei meccanismi attivi per l’impatto col pedone, grazie a uno studio della deformazione che non richiede ulteriori dispositivi. Il fascino si concretizza attraverso sottigliezze invisibili. Non a caso Marek Reichman, Vicepresidente Esecutivo di Aston Martin, ha affermato: «Il nostro modello di punta è un acme di creatività spavalda e genuinità umana».

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CUPRA TERRAMAR, TRA FAMIGLIA E TRIBU’ https://autodesignmagazine.com/2024/11/cupra-terramar-tra-famiglia-e-tribu/ Tue, 05 Nov 2024 05:59:30 +0000 https://autodesignmagazine.com/?p=67464 Decisamente latina, a partire dall’incisiva sensualità delle superfici, ma soffusa di uno spirito improntato all’accoglienza, al volume: l’ultima espressione del marchio più dinamico della galassia Volkswagen, culmine di un riuscito percorso evolutivo, muove verso nuovi ambiti d’uso senza negare troppo l’abituale carattere. Senso di tensione Perfino [...]

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Decisamente latina, a partire dall’incisiva sensualità delle superfici, ma soffusa di uno spirito improntato all’accoglienza, al volume: l’ultima espressione del marchio più dinamico della galassia Volkswagen, culmine di un riuscito percorso evolutivo, muove verso nuovi ambiti d’uso senza negare troppo l’abituale carattere.

Senso di tensione
Perfino il rapporto fra lamiera e cristalli, disegnato da una linea di cintura decisamente sostenuta, «suggerisce un’impostazione protettiva per i passeggeri» nel racconto del direttore del design Jorge Díez «e al contempo concorre a creare un senso di tensione».

“Giovane e combattiva”
Quest’ultimo termine pare animare l’intero progetto, insieme a una più ampia visione comunicativa: «I tratti decisi producono un’aggressività utile non solo a fini formali, bensì perfetta per trasmettere la nostra immagine di Casa giovane e combattiva». Non a caso il dialogo fra curve sensuali e geometrici gradini si dispiega uniformemente sull’intero corpo vettura, segmentando la coda e trionfando nel frontale «a muso di squalo, che permette di allungare il cofano e imprimere una spinta in avanti al profilo, come già accaduto per il restyling della Formentor».

Una duplice natura
Pur con una lunghezza fuori tutto superiore di soli sette centimetri, la Terramar si configura dunque quale “sorella maggiore” capace di coronare la gamma in chiave marcatamente più matura e votata al pubblico familiare, avvalendosi del resto della più avanzata piattaforma MQB Evo. «Puntiamo molto sulle coppie moderne con figli, amanti della vivacità progressista dei prodotti spagnoli pur se desiderose di serietà e contenuti. D’altronde, il nome stesso del modello, scisso fra solidità del suolo e moto delle onde, rappresenta tale duplice natura».

La missione di Cupra
Soprattutto, la carrozzeria vibra di un sottile intento di provocazione che «richiama la missione Cupra di creare desiderio e si manifesta non già attraverso criteri fissi, rischiosi per la differenziazione delle singole vetture, bensì tramite la ricerca di un certo sapore complessivo e la peculiare declinazione di un elemento come il triangolo, pungente e tribale al punto giusto».

Energia e confort
«Anche nell’abitacolo si gioca su un approccio energico e confortevole», spiega infine Díez. «La consolle orientata verso il pilota e i sedili specifici inducono a godere al meglio della guidabilità, le tre varianti di finitura puntano su diverse atmosfere più che su distanze qualitative, il bagagliaio può contenere fino a 630 litri col divanetto posteriore in uso». Per un equilibrio fruibile e selvaggio.

(Articolo completo su A&D n. 269)

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